Il mal d’Irlanda esiste e oggi lo sentiamo più forte che mai. E tutto è iniziato lì, nella capitale irlandese. Dublino.
Siamo tornati pochi giorni fa dalla nostra vacanza irlandese, 7 giorni spesi tra Dublino e Galway, tra scogliere e verdi colline, pioggerelle e schiarite repentine. I nostri occhi si riempiono ancora di quei paesaggi, di quei colori, e i nostri pensieri tornano al calore e alla gentilezza con cui siamo stati accolti, così lontano da casa. Siamo partiti con grandi aspettative e nessuna di esse è stata delusa, anzi: in Irlanda ci sembra di aver trovato una seconda casa, una perfetta rispondenza spirituale, che già ora suscita in noi nostalgia.
Abbiamo deciso di raccontarvi il nostro viaggio il più dettagliatamente possibile. Per far questo, dedicheremo un articolo a ciascuno dei luoghi visitati, alternandoci nella narrazione. Lo facciamo per condividere con voi questa bellissima esperienza, ma anche e soprattutto per non dimenticare quanto abbiamo visto e vissuto, fissandolo indelebilmente nell’inchiostro (almeno in quello virtuale).
Cominciamo dal principio. Dopo un prematuro risveglio, abbiamo raggiunto in auto l’aeroporto di Orio al Serio (BG) e ci siamo imbarcati sul volo Ryanair delle 10.10 diretto a Dublino.
Non senza prima esserci immortalati in un selfie commemorativo:
Dublino, arriviamo!
Atterriamo puntuali dopo un paio d’ore, recuperiamo i bagagli e ci fiondiamo al McDonald’s, per andare sul sicuro. Poi facciamo il biglietto per il Citylink, il bus che collega l’aeroporto alle vie principali di Dublino (6 € a testa), e dopo 25 minuti scendiamo proprio di fronte al nostro hotel, il Ripley Court. La signorina alla reception ci chiede di attendere qualche minuto, perché la camera non è ancora pronta, poi ci consegna le chiavi e ci indica la strada: “to the left, to the left!”. Per tutta risposta, noi percorriamo il corridoio dell’hotel fino all’uscita e svoltiamo a destra. Per fortuna il portinaio ci blocca sull’uscio e ci re-indirizza to the left, dove si trovava l’ascensore. La prima figura di m***a è fatta.
Se scegliete di visitare l’Irlanda e di alloggiare in hotel o b&b, ecco due osservazioni di qualche rilevanza:
- munitevi di adattatore a presa inglese per la corrente. Leggende raccontano che sia possibile comprarne uno nei più comuni supermercati, negozi di elettronica o in aeroporto (a caro prezzo), ma noi lo abbiamo trafugato da un ufficio. In alternativa, troverete in Internet un ingegnoso trucchetto che vi consente di caricare dispositivi con prese a due poli senza adattatore. Cercate per credere;
- in Irlanda il lavandino ha due rubinetti separati, uno per l’acqua calda e uno per quella fredda. Inutile tentare di miscelarla: rassegnatevi.
Torniamo a noi. Giusto il tempo di lasciare i bagagli in hotel e siamo già in strada, mappa alla mano, in cerca del Trinity College ma soprattutto del nostro senso dell’orientamento.
Dopo molti ponti e strade sbagliate lo troviamo: da un modesto ingresso si accede all’enorme cortile, intorno al quale si stagliano i bei dormitori, gli edifici universitari e il campanile in stile vittoriano. I prati sui quali hanno studiato Swift, Beckett e molti altri grandi scrittori irlandesi sono inondati di sole: ci piace questo benevolo clima irlandese.

L’attrazione principale del Trinity è la Old Library, la vecchia biblioteca universitaria. Qui, al primo piano, si trova la mostra permanente dedicata al Book of Kells, forse il più celebre manoscritto al mondo, una copia dei quattro Vangeli splendidamente miniata dai monaci dell’abbazia di Kells intorno all’800 d.C. I pannelli che precedono la teca espositiva sono interessanti ed esaurienti e il manoscritto merita la sua fetta di fama. Purtroppo era proibito scattare foto e Marco non ha potuto dare sfogo alla sua logorrea fotografica. Comunque il prezzo del biglietto (9 € per studenti) è giustificato, specialmente perché la biblioteca deve ancora dare il meglio di sé: il secondo piano, infatti, ospita la Long Room, l’impressionante galleria sorretta da colonne di libri. Ce ne sono circa 250.000: il profumo della vecchia carta e la sensazione di essere letteralmente schiacciati dai tomi fanno la gioia di qualunque bibliofilo, e noi modestamente lo siamo. Dublino non fa che stupirci positivamente.



Usciti dal Trinity, vorremmo veleggiare verso il National Museum, ma sbagliamo strada. In compenso, ci troviamo faccia a faccia con l’eroina locale, Molly Malone. Qualche giorno più tardi l’autista di un tour in bus ci ha fatto conoscere la struggente ballata a lei dedicata: “In Dublin’s fair city,/where the girls are so pretty,/I first set my eyes on sweet Molly Malone./As she wheeled her wheel-barrow,/through streets broad and narrow,/crying, “Cockles and mussels, alive alive oh!”. Cercatela su Youtube cantata da Sinead O’Connor.

Chiediamo indicazione a Molly sulla strada da prendere, ma si rivela meno loquace di altri dublinesi. Nel frattempo si è fatto tardi e pensiamo di meritarci la nostra prima cena irlandese: la nostra scelta cade sul The Celt, un pittoresco pub in Talbot Street, la stessa via dell’hotel. Mangiamo fin troppo lautamente: una spropositata quantità di salsicce per Marco e un Irish stew per me, conditi dall’immancabile Guinness. Piccola, però.
Dopo cena, siamo troppo stanchi per tuffarci nella vita notturna e preferiamo ristorarci dalle fatiche del viaggio con una sana dormita. Il mattino seguente ci svegliano i gridi dei gabbiani e (per Marco) un po’ di mal di stomaco: le delicatezze della cucina irlandese non hanno aiutato. Anche per questo decidiamo di saltare la colazione e di passare direttamente all’esplorazione: attraversiamo il Liffey, il fiume che taglia in due la città, e ci fermiamo a scattare qualche foto su un ponte. Ci piacciono molto i goffi bus gialli.
Dopo il disorientamento del primo giorno, ora veniamo a patti con la geografia cittadina e riusciamo a raggiungere in breve tempo il Dublin Castle. L’imponente costruzione, realizzata agli inizi del XIII sec., è stata la sede del potere inglese in Irlanda fino al 1922, anno dell’agognata indipendenza.
Siamo un po’ di fretta e, seguendo qualche dritta trovata in Internet, scegliamo di non visitare l’interno della fortezza. Piuttosto la aggiriamo e, scivolando tra ali di case di mattoni e curiosi comignoli, ci incamminiamo verso la Cattedrale di San Patrick. Certamente la città è cambiata dai tempi in cui Joyce la descriveva nei Dubliners, eppure mi sembra che da una di quelle finestre Eveline potrebbe ancora malinconicamente guardar giù e sognare di cambiare la sua vita.
Passiamo accanto a Christ Church Cathedral, cattedrale della diocesi anglicana, e ci fermiamo per qualche scatto.
Proseguiamo e finalmente raggiungiamo la svettante Saint Patrick’s Cathedral. Sostiamo qualche minuto negli incantevoli giardini, molto curati, come tutti quelli osservati finora. In generale, Dublino dà un senso, se non di pulizia, almeno di ordine e decoro, attributo raro in una capitale.
Decidiamo di fare il biglietto per visitare l’interno della cattedrale e, credetemi, ne vale la pena. Poco oltre l’ingresso si trovano le sepolture di Jonathan Swift, famoso scrittore ma anche decano della chiesa, e della sua amata Stella. Splendide sono le vetrate e l’abside. La cattedrale è sorprendentemente attrezzata per ricevere turisti: si possono ricalcare disegni e lasciare preghiere per i propri cari o per parenti che hanno fatto la guerra. Interessante è la storia dell’antico portale in legno, che si trova nel transetto sinistro: nel 1492 due famiglie in lotta, gli Ormond e i Kildare, suggellarono una tregua con una stretta di mano attraverso due pannelli mancanti del portale.

È ormai tarda mattina. Per il pomeriggio abbiamo programmato un’escursione a Howth, incantevole località marittima poco fuori Dublino. Ma di questo vi parlerà ampiamente Marco nel prossimo articolo.
Escluso il pomeriggio del secondo giorno, ci resta ancora la mattina del terzo per esplorare la città. Dopo un’abbondante colazione a suon di uova e bacon, dobbiamo tornare sui nostri passi e recuperare la visita al National Museum of Archaeology and History in Kildare Street. Il museo è gratuito (inaudito!) ed enorme: percorrendo le sue sale e premendo il naso contro le sue teche, si attraversa mezza storia irlandese: gioielli dell’età del Bronzo, spade e asce vichinghe, preziosi reliquiari di epoca cristiana, manoscritti miniati…







Vorremmo dedicare più attenzione a questo luogo eccellente, tuttavia il tempo stringe: nel pomeriggio partiremo per Galway, sulla costa occidentale dell’isola. Usciamo sotto una pioggerellina leggera e ci incamminiamo verso l’hotel per recuperare le valigie. Ma prima una capatina d’obbligo a Temple Bar, cuore pulsante della vita notturna che noi (sigh) non abbiamo condotto. I suoi locali sono così pittoreschi e incantevoli che subito ce ne pentiamo, ma purtroppo siamo viaggiascrittori decisamente poco nottambuli. Ci consoliamo pensando al fatto che non potremo stare lontani dall’Irlanda per molto: questi primi tre giorni a Dublino sono stati del tutto sufficienti per innamorarsene.
È tempo di recuperare i bagagli e dirigerci alla stazione degli autobus. Alle 15.30 parte il nostro bus Eireann per Galway. Dipendere dai trasporti pubblici può sembrare noioso, ma in realtà ci ha evitato molte grane: la perigliosa guida a sinistra, i costi esagerati per noleggiare un’auto sotto i 25 anni… Inoltre, c’è da dire che i collegamenti Dublino-Galway sono molto frequenti (un bus ogni ora) e gli autobus decisamente comodi ed economici (solo 19 € a/r a testa).
Tre giorni non sono stati del tutto sufficienti per esplorare a fondo la capitale irlandese, ma ci hanno permesso almeno di conoscerla e di apprezzarla: l’architettura, i monumenti, il cibo, la gentilezza incredibile degli irlandesi, che hanno sempre un sorriso e una parola affabile (oltre che un accento incomprensibile!). Lasciamo Dublino senza rimpianti, diretti a quella che molti chiamano la vera Irlanda, l’Irlanda verde dai paesaggi mozzafiato.
Scopritela insieme a noi nelle prossime puntate di questo racconto. E, se vi è piaciuto, condividetelo sui socialcosi.
4 commenti
Grazie Ragazzi,
Con voi ho rivissuto il mio viaggio a Dublino. Mi è bastato scendere dall’aereo per innamorarmi del posto, dell’accoglienza degli Irlandesi, dei profumi, dei colori di questa terra e del loro modo di vivere. Ho voglia di ritornare e conoscere altri posti che non ho avuto tempo di visitare. Io, dal canto mio, vi consiglio di ritornare per stare un po’ di più a Dublino e di vivere anche la vita notturna di questa città… Davvero esilarante!!!
Elo.
Grazie Elo! Non aver vissuto la Dublino notturna è davvero un po’ un rimpianto, speriamo di avere presto l’occasione di riparare. In compenso quando ci siamo spostati a Galway ci siamo immersi di più nel craic cittadino e nell’atmosfera magica di un vecchio pub con musica live. Lo racconteremo nei prossimi articoli 🙂
Parto per Dublino tra una decina di giorni… già non vedevo l’ora, ma dopo aver visto le vostre foto, la voglia di partire è aumentata!
Ciao Teresa, sono contento che il nostro racconto di Dublino ti sia piaciuto!
Facci sapere com’è andata! 🙂