Ci sono viaggi che cambiano nel profondo. Si infilano sotto la pelle, sotto la lingua, nelle narici, negli occhi, lasciando in noi molto più che una manciata di foto ricordo. Così è stato per Letizia del blog MangiaViaggiaAma e il suo viaggio on the road in Marocco, da cui nasce il libro di questa recensione.
Viaggio nel Paese più colorato del Mondo, il Marocco
Mille e un Marocco non è una guida di viaggio, ma il racconto di un viaggio, quello della travel blogger Letizia Gardin e di suo marito Mauro, svoltosi a cavallo tra il 2015 e il 2016. Un itinerario on the road a bordo di una Punto nera, attraverso Fez, Rabat, Chefchaouen, Meknès, il deserto, le montagne dell’Atlante e Marrakesh.
Il risultato è un inno alla bellezza del Marocco e soprattutto della sua gente: una galleria di incontri, personaggi, inviti a prendere il tè, passaggi in auto, richieste di indicazioni, contrattazioni, e chi più ne ha più ne metta.
Mille e un Marocco è un libro da leggere prima di visitare questo paese straordinario, per immergersi nelle atmosfere e nelle consuetudini che si incontreranno lungo il cammino. Ma è anche un libro perfetto per i nostalgici, che qui ritroveranno quella magia a lungo accarezzata nei loro ricordi.
Gli odori delle spezie tra i banchi di un suq per me saranno sempre profumo di Marocco, anche se uguali in altri mercati arabi. Il richiamo del muezzin mi riporterà sempre a qualche terrazza sui tetti di una città imperiale, anche se da allora sono stata svegliata all’alba anche altrove. Tutte le suggestioni lasciate dagli episodi vissuti, anche i più banali, si sono sedimentati creando un mio Marocco, la mia esperienza singola condizionata da chi ero in quel momento, e trasformando in un secondo tutti i viaggi che avrei vissuto in seguito. In questo senso poche cose hanno la stessa potenza di un viaggio.
Lungo la strada, Letizia decostruisce pregiudizi, liberandosi degli ammonimenti e delle precauzioni frutto di tante letture online. Letizia non ci sta a classificare la gente del Marocco come “fastidiosa”, “assillante”, “truffaldina”: è impossibile iniziare un viaggio guardandosi le spalle, facendosi impermeabili agli altri.
Così, curva dopo curva, l’autrice si spoglia di quella prudenza così simile a paura che ci impedisce di incontrare davvero l’altro. I ritratti e le storie che raccoglie lungo la via sono una ricchezza straordinaria.
Il viaggio di Letizia e di Mauro si compone di tante brevi scene, che raccontano un Marocco vissuto con tutti e cinque i sensi. Il primo tè alla menta tra le terrazza di Fez. I bellissimi gatti randagi in attesa di coccole e cibo. La notte nel deserto che riconnette all’io profondo…
E ancora, le spettacolari gole del Todra. Le capre arrampicate sugli alberi di argan. I surfisti che sfidano le onde di Essaouira. Il vigoroso scrub in un hammam. Il mondo racchiuso nella piazza Jemaa el-Fnaa.
Uno dei passaggi che ho amato di più è proprio quello dedicato al deserto, raccontato da Letizia con liricità assoluta.
A volte, quando mi sento particolarmente stanca o sto affrontando un periodo difficile, mi ritrovo a desiderare di trascorrere una notte nel deserto. Tutto sommato credo che sia qualcosa che ognuno dovrebbe sperimentare almeno una volta l’anno: staccare dal solito mondo frenetico, anche soltanto per una notte, cambiare prospettiva e regalarsi un nuovo equilibrio. Circondarsi solo di profonda bellezza e profondo silenzio, due dei concetti più potenti al mondo che trovano perfetta unione nello spazio del deserto. Secondo il solito Tahar Ben Jelloun, che così bene ha saputo descrivere il suo Marocco nel corso degli anni, “il deserto è un’idea, un modo per spogliarsi di tutti e osare guardarsi in faccia; è uno specchio che bisogna prendere sul serio”.
Foto ricordo di luoghi che non esistono
Ma il racconto di Letizia non è una celebrazione acritica e soprattutto non è una foto ritoccata su Instagram. Il suo è il racconto di un luogo squisitamente reale, nei suoi pregi come nei suoi difetti.
Una delle derive più pericolose di cui i social network ci hanno resi consapevoli è il rifiuto dell’imperfezione: nella composizione fotografica, così come nel racconto di un’esperienza.
Troppo spesso ci ritroviamo a percorrere sentieri tracciati da altri, a copiare foto di altri come se la loro fosse l’unica inquadratura possibile. Mascheriamo e ci mascheriamo per eliminare ciò che consideriamo sgradevole.
E così, mentre consegniamo ai posteri una sfilza di cartoline di “luoghi che non esistono”, tarocchiamo i nostri stessi ricordi. Percorriamo il mondo a occhi chiusi.
“In un mondo utopico, vorrei che partire per un lungo viaggio una volta nella vita fosse una consuetudine. Probabilmente sarebbe una società più aperta, più acculturata e meno razzista. Vorrei che tutti partissero, ma con le giuste motivazioni: vorrei che ci si mettesse in viaggio non per compiere un percorso omologato e sempre uguale o solo per la voglia di mostrarlo ad altri, semmai per ricercare un po’ di autenticità dentro e fuori da noi stessi. Per andare oltre l’immagine del mondo riferita da qualcun altro e crearsi un’opinione che sia davvero propria”.
Il viaggio di Letizia in Marocco diventa un’occasione per parlare della sua filosofia tout court, consegnandoci il ritratto di una viaggiatrice da cui abbiamo tanto da imparare.
Mille e un Marocco di Letizia Gardin è pubblicato da Edizioni Terra Santa. Ti ricordiamo che puoi seguire i viaggi di Letizia anche sul blog MangiaViaggiaAma.
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